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03 - Opuscolo Cantino Canonico Felice 11/10/2014
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QUI > Scaricato 0 volte  SI PUO’ LEGGERE L’OPUSCOLO REDATTO DOPO LA MORTE DEL CANONICO CANTINO FELICE

(l’opuscolo è stato consegnato da Gherlone Piermarino per la pubblicazione su questo sito) 

 

Canonico Cantino Felice

Nato a Frinco d’Asti 24 febbraio 1855 e morto nel 1910 ad Asti 

Scorrendo gli atti del Sinodo Ronco del 1896, la personalità ecclesiastica che, tra il clero astigiano convocato all’assise sinodale, più emerge per numero e  qualità di uffici svolti è – subito dopo il can. Giuseppe Gamba – il canonico arcidiacono Felice Cantino. Proviamo ad elencarle: promotore del Sinodo unitamente al can. Gamba; confessore del clero per il periodo del Sinodo con tutte le facoltà che competono al vescovo; giudice delle querele e dei ricorsi. E dal Sinodo stesso viene nominato giudice sinodale ed esaminatore sinodale.

Una delle spiegazioni più immediate la troviamo nel fatto che è laureato in teologia e diritto e insegna teologia morale e diritto canonico. Lo si evince anche dalla circostanza che questi dati sono puntigliosamente elencati dopo il suo nome e cognome.

Oltre tutto, ciò diventa immediatamente plausibile appena si pone attenzione a tutta la preminente importanza che ad Asti, e in tutto il Piemonte (e non solo), la teologia morale – con la sua casistica – ha assunto nella formazione sacerdotale prima e dopo l’ordinazione, e negli esami per ottenere la facoltà di confessare e per concorrere ai benefici parrocchiali vacanti.

Una carriera, la sua, alquanto rapida che ha meravigliato non pochi.

Seguiamola un po’ più nei particolari.

Nato a Frinco il 24 febbraio 1855 e ordinato sacerdote nel 1879, nel 1885 dal vescovo mons. Ronco – assieme a don Giovanni Battista Bellino, suo segretario – il trentenne don Felice Cantino è presentato alla Santa Sede (Dataria Apostolica) per la nomina a canonico. In data 2 e 14 luglio arrivarono le bolle di conferimento delle prebende canonicali. Per il Capitolo è una sorpresa non gradita, perché il numero legale di 12 canonici, fissato dalla legge del 1867,è già al completo, in quanto – secondo la legge – anche i due canonici di patronato laicale, ancora viventi sono da computarsi nel numero di 12 (uno di questi è il can. Carlo Vassallo). Quindi i due nuovi canonici nominati, essendo eccedenti, non potranno avere l’exsequatur, cioè il riconoscimento giuridico civile, secondo l’articolo di legge interpretativo del 1870.

La legge del 1867 riguarda sia i Capitoli della Cattedrale, sia quelli della Collegiata. Stabilisce che “non sono più riconosciuti come enti morali i Capitoli delle chiese Collegiate … salvo, per quelle tra esse che abbiano cura d’anime, un solo beneficio curato”. E’ il caso del Capitolo di San Secondo in Asti, che viene così a perdere ogni consistenza ed efficienza (cfr. il profilo del teol. Longo, canonico di San Secondo).

Per i Capitoli delle Cattedrali stabilisce invece che essi “non saranno provvisti oltre il numero di 12, compreso il beneficio parrocchiale, le dignità e gli uffici particolari (penitenziere e teologo). Le cappellanie … non saranno provviste oltre al numero di sei”.

Il Capitolo della Cattedrale di Asti antecedentemente aveva 12 canonicati di libera nomina, 5 di jus patronato (nomina a seguito di presentazione) e 4 dignità; in tutto 21. Il demanio ha incamerato tutti i cinque benefici di jus patronato e quattro di lbera nomina.

Questi riferimenti sono opportuni per documentare come nella seconda metà dell’800 la situazione, non solo del capitolo di San Secondo, ma anche del Capitolo della Capitale stia mutando sostanzialmente, sia da un punto di vista economico che di importanza di ruolo.

Ritornando al caso Cantino – Bellino, il Capitolo si rifiuta di immetterli nel possesso dei loro benefici. Di qui tentativi di transazione e ricorsi alla Santa Sede. Nell’archivio vescovile esiste il fascicolo (una copia a stampa – Roma 1887 – dimensione protocollo, di 44 pagine) inviato alla Sacra Congregazione del Concilio dal Capitolo di Asti contro i Canonici Bellino e Cantino.

Nella memoria illustrativa, che porta la data del 31 luglio 1886, nelle pagine 25 e 26 si legge: “I due soggetti che il vescovo ha prescelto sono, senza dubbio, buoni sacerdoti e di costume lodevole: ma fin’ora non ebbero campo di distinguersi per nessuna delle qualità prementovate, ne era ragione per cui dovesse in favor loro farsi una eccezione alla regola. Noi non vogliamo detrarre ai meriti loro, ma dobbiamo ai Giudici la verità schietta ed intera.

Il Sac. Felice Cantino è giovanissimo di età: appena ordinato sacerdote, e rimasto pochi anni nell’Ufficio di Vicecurato, eccolo ad un tratto per volere del vescovo e con meraviglia grande di tutto il Clero Diocesano, assunto alla cattedra di teologia morale, e contemporaneamente a quella di diritto canonico nel seminario, dove gode vitto, alloggio e duplice stipendio. Nè pago ancora Mons. Vescovo lo volle creare Canonico della Cattedrale e Canonico è.

L’altro nuovo Canonico il Sac. G. Battista Bellino, estraneo alla diocesi, vi è giunto da pochi anni con il Vescovo, in qualità di suo segretario. Nella sua diocesi di origine fu sempre nel modesto ufficio di viceparroco senza aver mai dato alcun saggio di sapersi elevare sopra la mediocrità, e dacchè si trova ad Asti non ha fatto cosa alcuna che possa agli occhi del pubblico giustificare l’avuta promozione, e nulla che gli potesse meritare speciale favore per parte del Capitolo.”

E’ anche da notare, per quanto concerne il can. Cantino, che la successione a mons. Bertagna, il quale nel 1884 – nominato vescovo ausiliare del cardinal Alimonta – lascia l’insegnamento della teologia morale svolto negli anni 1879-1884, era tutt’altro che facile.

In linea con la spiritualità dei grandi santi piemontesi, e alla loro sensibilità sociale, nel 1889, il can. Cantino – assieme alla signorina Serafina Rosaschi e a Suor Pasqualina Bajlon – dà vita alla Piccola Casa di Nazareth, e ad essa dona tutte le sue sostanze. Muore ad Asti nel 1910, ad appena 55 anni di età.

(Ricav. da “La diocesi di Asti tra ‘800 e ‘900 – Guglielmo Visconti – Ed. Gazzetta d’Asti)  

Per comprendere come si arriva alla fondazione della Piccola Casa di Nazareth bisogna capire l’antefatto. 

LE FIGLIE DELLA CARITA’ (FIGLIE DELLA CARITA’ SOTTO LA PROTEZIONE DI SAN VINCENZO DE PAOLI) 

(da non confondersi con “FIGLIE DELLA CARITA’ DI SAN VINCENZO DE PAOLI) fondate a Parigi nel 1633 da San Vincenzo de Paoli e Santa Luisa de Marillac 

Presenze in città di Asti 

LE FIGLIE DELLA CARITA’ fondate da Santa Giovanna Antida Thouret (1765-1826) a Besanson in Francia (11 aprile 1799), nel 1825 aprirono la prima casa in Piemonte: l’Ospedale di Sant’Andrea di Vercelli. Nel 1830 qui fu aperto un noviziato e presto si costituì una delle provincie più feconde dell’Istituto. Il 23 novembre 1839 arrivarono ad Asti e presero servizio nell’Ospedale dei Poveri Infermi. Fondato nel 1681 dal parroco della Collegiata di San Secondo, sotto il titolo di Santa Maria Scala Coeli, nel 1810, durante l’amministrazione francese, fu trasferito nell’ex covento dei Canonici Lateranensi di S. Maria Nuova. Era il più importante della città e nel 1828 disponeva di 40 letti (12-15 per gli incurabili).

Le Suore della Carità il 19 marzo 1875 iniziarono il servizio anche nell’Ospizio di Carità, istituito a seguito dell’editto di Vittorio Emanuele II del 19 maggio 1717 e amministrato dalla congregazione della Carità (la prima Congregazione in Asti fu istituita nel marzo 1718). Nel 1729 l’Ospizio si avvalse del contributo dell’Opera Pia detta Bussola dei Poveri (dalla denominazione delle cassette per le elemosine) istituzione risalente al 1566, che disponeva di ricche donazioni in città e in provincia. Nel luglio del 1914 le suoer presero servizio nel nuovo Ospizio Umberto I.

Nel 1885 le Suore della Carità furono richieste dall’Opera Pia Buon Pastore, fondata dal vescovo di Asti Milliavacca (1693) nella casa gentilizia donata da Francesco Mazzola. L’Opera già alla fine del Seicento accoglieva “le figlie di 12 anni pericolanti, per la città vagabonde”. In seguito ampliò le forme di assistenza. Nel 1822 erano 40-50 all’anno le donne “pericolate”, ospitate “sinchè siansi sgravate oltre alcuni giorni di puerperio”. 

Le Suore della Carità – attraverso la tenace opera di Suor Pasqualina Baylon in appoggio alla sig.ra Serafina Rosaschi e al Canonico Felice Cantino – nel 1889 contribuirono alla fondazione e assunsero poi la direzione della Piccola Casa di Nazareth, che raccoglieva ragazze povere e abbandonate. In tal modo – attraverso le Suore della Carità – la vita consacrata in Asti continuò, anche se in forma diversa, a testimoniare la presenza di Cristo, medico del corpo e dello spirito, nelle istituzioni assistenziali e caritative della città. 

Tra il 1901 e 1902 è tutto un infittirsi di presenze ed opere dirette e/o gestite da Suore, in città e nei paesi. Nella città di Asti le Suore “Bigie” (di San Giovanna Antida Thouret), oltre che nell’Ospedale degli infermi, prendono servizio nell’Ospizio di Carità, nella Piccola Casa di Nazareth nella Pia Opera del Buon Pastore. 

Presenze delle “Figlie della Carità”  di S. G. Antida Thouret 

  • Cunico dal 1925 al 2005 (anno della ricerca)
  • Boglietto dal 1930 al 1940
  • Masio dal 1989 al 1999
  • Pratomorone dal 1928 al 1932
  • Vigliano dal 1902 al 1960
  • Sessant dal 1912 al al 1970

(Ricav. da Diocesi di Asti e Istituti di Vita Religiosa – Guglielmo Visconti – gazzetta d’Asti 2006)



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